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Home Comunità montenovonostro Ostra Vetere: Fa riflettere il contributo del nostro lettore per il bene della comunità
Ostra Vetere: Fa riflettere il contributo del nostro lettore per il bene della comunità PDF Stampa E-mail
Lunedì 02 Gennaio 2023 19:15

Ostra Vetere: Fa riflettere il contributo del nostro lettore per il bene della comunitàFa riflettere il contributo del nostro lettore per il bene della comunità e “montenovonostro” non mancherà di tenerne conto nella predisposizione del prossimo programma amministrativo in vista delle elezioni locali anticipate che si terranno nel prossimo mese di giugno 2023. Scrive infatti il nostro concittadino Antonio Francoletti una lunga digressione che non può essere disattesa da chi ha a cuore le vicende locali. Ecco quanto ci ha scritto: “Caro Alberto scusa il ritardone e grazie per gli auguri! Profittando della tua buona disposizione all’ascolto tornerò sugli argomenti dissertati l’ultima volta che ci siamo visti a casa tua, cominciando a parlare dell’identità quella che a ciascun cittadino è riconosciuta dalla Comunità, come un dono valoriale da cui dipende la particolare autostima che esorta il buon vivere, poiché ingentilisce gli animi positivamente. Affinché tale riconoscimento possa esprimersi al massimo, occorre che le esigenze e i bisogni collettivi non siano subordinati all’individuo dominante, ma concepiti nello spirito comunitario, per evitare distorsioni e conseguenze sociologiche negative fra cui; iniquità, invidia, depressione, esclusione. Aristotele scriveva che: “Chi vive in società e crede di fare a meno della comunità o è una bestia o è un dio.” A tale proposito aggiungeva che; “forse il dio non è felice perché è,“monacò”, cioè è solo. Dal frammento di storia ducale, sulla formazione del Comune di Ostra Vetere, che hai sottoposto al mio apprezzamento, trova conferma il fatto che, nella contrapposizione storica fra Ghibellini e Guelfi, l’Imperatore è contro la comunità, mentre il Papa ne è il protettore. Entrambe le istituzioni, però, nel corso dei secoli hanno preteso di governare dall’alto le sorti della Comunità, distraendo ogni possibilità di successo dell’autonomia. Ancora oggi l’Impero, inteso come governo affrancato ai poteri assoluti, è ostile alle realtà comunali esigenti d’indipendenza tanto che da parecchi decenni registriamo notevoli problemi della loro sopravvivenza dovuta a un’attività parlamentare volta alla privatizzazione compulsiva e acritica dei beni pubblici, con la conseguenza preoccupante dell’accrescimento del potere privato. In questo modo la politica smette di essere il luogo delle decisioni poiché si pone a ruota dell’economia che per funzionare, non ha bisogno di rivolgersi alla società dei cittadini, se non in senso strumentale, ma alla tecnica; artefice di profitti e risolutiva del controllo bio politico necessario alla logica di dominio. Sono sempre più convinto, che per evitare conseguenze sociologiche imprevedibili e destabilizzanti, l’Ente locale debba potere interferire liberamente sulle scelte economiche e culturali del proprio territorio, stabilendo un rapporto attivo e diretto con la tecnica, le varianti tecnologiche e con i soggetti di attività produttive. Per fare in modo che ciò avvenga nella pratica, i Comuni dovrebbero poter contare su una legislazione che incoraggi le iniziative dal basso, per esempio: costituendo la cittadinanza energetica solidale, sollecitando le scuole a generare partecipazione nei quartieri di riferimento, convogliando l’offerta di servizi solidali. Inoltre si potrebbe garantire la permanenza di sportelli d’informazione-educazione civica ambientale, nella previsione di aggiornare e adottare strategie innovative tra le più vantaggiose alla vivibilità, alla tutela e alla sostenibilità dei borghi, dei paesi, delle città, delle periferie e del paesaggio che gravita attorno ai nuclei urbani. In caso contrario, la democrazia, si esaurisce nel diritto dovere del voto, mettendo in disparte le potenzialità virtuose del cittadino indotto al disinteresse o costretto a soccombere all’indifferenza e alla sordità del governo istituzionale che in cambio di pochi e insufficienti servizi calati dall’alto, esige la burocrazia di onerosi tributi, quando gli stessi potrebbero essere detassati in ragione della partecipazione ai beni comuni. In questa maniera si renderebbe più economico lo svolgimento politico della democrazia che negli ultimi anni ha rappresentato un costo insostenibile di cui, peraltro, non s’intravedono benefici, anzi l’insofferenza generale per questo stato di cose, ha generato scetticismi e distanze drammatiche sia nelle generazioni più anziane - le più logore e deluse - sia nei giovani che hanno smesso di credere nel futuro. Basterebbe uscire dalla logica dei pochi privilegiati decisori, troppo spesso coinvolti nei più disparati conflitti d’interessi che, in barba ad ogni senso civico ed etico, si beano di lauti stipendi, infami vitalizi e liquidazioni spropositate, dispensati arbitrariamente dall’onorare il proprio mandato elettorale. L’attività politica potrebbe diventare più economica se solo riuscissimo a consegnarla alla democrazia; limitando allo stretto necessario le deleghe, equilibrandole attraverso la redistribuzione delle responsabilità a un numero maggiore di attori, così da nobilitare il bisogno di partecipazione che renderebbe i cittadini orgogliosi del proprio supporto alla Comunità. Una tale scelta servirebbe anche ad arginare il desolante abbandono sociale conseguente alla disaffezione politica e alla solitudine dilagante che vanno di pari passo all’abbruttimento delle nostre città e dei nostri paesi. L’Italia presenta un potenziale formidabile dal punto di vista dell’organizzazione autonoma comunitaria, la stessa etimologia di Comune spiega un’antica vocazione mai perseguita fino in fondo. La politica potrebbe contare sulla peculiarità geografica, costituita per la maggior parte da piccole realtà urbane in cui sarebbe possibile la sperimentazione, dal basso, del libero esercizio democratico, in controtendenza all’attuale accentramento che ingessa e blocca ogni possibile dinamismo di civica autonomia. Purtroppo, dobbiamo costatare, a malincuore, che l’utopia desiderante e l’idealità politica sono considerate materie prime per ingenui, felici di vivere nelle più fesse delle illusioni. Intanto il rischio di paralizzare la democrazia è serio e realistico e non certo per supposte ossessioni dietrologiche dello scrivente, basterà prendere in esame la recente legge delega, sulla concorrenza e il mercato proposta dall’agenda Draghi, che prevede l’obbligo da parte dei Comuni di cedere al mercato tutti i servizi pubblici locali come nelle intenzioni legislative dell’art. 14, comma 2, lettera d, attraverso le quali si sancisce il divieto tassativo e insindacabile da parte dei Comuni della gestione autonoma di aziende specializzate nei servizi a rete. All’articolo 17 comma 2 è specificato che gli stessi, sono tenuti a motivare, in caso di amministrazione diretta di un servizio, le ragioni del mancato ricorso al mercato. Con ogni probabilità, questo infelice passaggio della precedente legislatura, non ti sarà sfuggito, anche per il rumore che ha suscitato la campagna di opinione dal basso, portato avanti dal Forum italiano per i movimenti a favore dell’acqua pubblica che ha avuto il pregio di coinvolgere una serie di reti e organizzazioni sociali, comprese decine di Consigli comunali e alcune forze politiche minoritarie del parlamento. La loro vivace protesta, non molto seguita dalla stampa meno che mai dalle tivù pubbliche e private, ha impedito in un primo momento, che il disegno di legge non fosse approvato secondo l’impianto rigorosamente liberista, infatti, è riconosciuta l’equivalenza della gestione dei servizi pubblici locali, soprattutto obblig il Parlamento a rispettare i precedenti referendum, che impegnano le amministrazioni locali a liberare i servizi e i beni di prima necessità dalle mire privatistiche. Purtroppo a fine legislatura, in sfregio ai più elementari principi costituzionali, il decreto è ricomparso validando nuovamente il precedente impianto legislativo. Mi domando, e qui ti chiedo vivamente di cercare una risposta; con l’attuale governo che fine ha fatto la legge delega? Stiamo veramente andando nella direzione opposta all’autonomia politica del Comune? Se così fosse, non ci rimane che fare sentire la nostra voce, come sostieni nel tuo invito, denunciando il fatto incostituzionale che s’impedisce a un Comune di creare e gestire autonomamente i propri servizi sulla base dei bisogni dei cittadini e che solo dal basso sono suscettibili di essere adeguatamente aggiornati in rapporto il mutare delle vicissitudini, delle esigenze e dei costumi. In questo momento, a livello nazionale, ci sono due leggi d’iniziativa popolare secondo lo spirito più genuino dell’Art.71 della Costituzione. Auguro a te e alla tua famiglia un anno di salute. A presto con stima; Toni".

da montenovonostro

 

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    Ma non serve chiudere la stalla quando il bove è fuggito.