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Home Comunità montenovonostro Morro d’Alba: Mensilario del NO al referendum sulla fusione Senigallia-Morro d’Alba del 23/10/2016
Morro d’Alba: Mensilario del NO al referendum sulla fusione Senigallia-Morro d’Alba del 23/10/2016 PDF Stampa E-mail
Lunedì 23 Aprile 2018 17:38

Morro d Alba Mensilario del NO al referendum sulla fusione Senigallia Morro d Alba del 23 10 2016Seppure è vero che la Costituzione democratica e repubblicana, che regge questo Stato da una settantina d’anni, riconosce l’istituto dell’Autonomia (tanto è vero che l'articolo 5 della Costituzione recita: “La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”), la realtà quotidiana è purtroppo ben diversa. Da una trentina d’anni a questa parte, sommessamente, impercettibilmente, subdolamente, sta avvenendo tutt’altro. Fino agli anni ’85-90 quasi tutti i partiti difendevano le autonomie, articolate in Regioni, Province, Comuni, fino all’aberrazione del principio originario, con i partiti di sinistra che, all’insegna del “decentramento amministrativo” e della “partecipazione democratica”, aveva spinto e imposto la moltiplicazione autonomistica fino a introdurre, come grado intermedio fra Province e Comuni, le Comunità Montane e le Associazioni di Comuni e, al di sotto dei Comuni, addirittura i Consigli di Quartiere: duplicati d’un botto, da tre a sei, i livelli delle Autonomie all’insegna della generalizzata “partecipazione democratica”. Poi è successo qualcosa di terribile. E i partiti di sinistra, d’improvviso, hanno adottato la tesi opposta. “Contrordine compagni”, il decentramento non va più bene, la partecipazione assemblearistica non va. Solo che non è stato detto esplicitamente. Non è stato dichiarato. Anzi, è stato fatto passare un altro “ordine di scuderia”: bisogna “razionalizzare”, si deve “economizzare”, è necessario “cambiare”. “Razionalizzazione”, “economizzazione”, “cambiamento” sono state le nuove “parole d’ordine” che hanno sostituito le precedenti “decentramento” e “partecipazione”. Cioè, l’esatto opposto di prima, ma sempre all’insegna del “cambiamento”. Via le comunità montane, via le associazioni dei comuni, anzi, via i Comuni stessi, almeno quelli piccoli, da sacrificare sull’altare della “globalizzazione”, della "massificazione" e della “collettivizzazione”. E infatti, dopo trent’anni ci ritroviamo così: si voleva dire basta con le elezioni per il Senato, basta con le elezioni delle Province e, fra un po’, basta anche con le elezioni multiple di tanti e troppi Comuni, che si devono “fondere”, con le buone o con le cattive. E giù referendum intercomunali per “massificare” e “collettivizzare” l’Autonomia, mentre nel frattempo ai Comuni sono stati sottratti beni e competenze (Ospedali, Acquedotti, Raccolta Rifiuti, Metanizzazione) per affidarli ad enti terzi, rigorosamente non elettivi da parte del popolo, e infine allo smunto simulacro comunale rimasto sono state sottratte risorse finanziarie e assunzioni di personale, all’insegna del cosiddetto “patto di stabilità”. I Comuni sono  stati così “strangolati”, senza che nessuno abbia fiatato: la sinistra perché “connivente” e la destra perché “incompetente”. Di questo passo l’autonomia scomparirà, nonostante che la Costituzione continui ad affermare che lo Stato attua il più ampio decentramento amministrativo dell'Autonomia e il governo “strangolautonomie” manda in fallimento i Comuni. Eppure eravamo stati chiari fin da subito. Appena dopo le elezioni amministrative anticipate del 2013, abbiamo dovuto attendere ben 45 giorni prima di riuscire a farci fissare un appuntamento per parlare con il sindaco, primo responsabile delle sorti di una comunità complessa come la nostra. Sarà davvero una “piccola” comunità e addirittura troppo piccola per rimanere Comune autonomo, come insiste a dire e volere il PD? Noi non siamo d’accordo. Siamo per il mantenimento del libero Comune autonomo di Montenovo, che esiste da ben novecento anni e non c’è nessuna ragione plausibile, tantomeno condivisibile, per ridurlo a misera frazione di qualche altro Comune altrui. L’abbiamo detto più e più volte che non vorremmo mai essere “invasi” da altri per farci imporre un sindaco eletto da fuori e nemmeno montenovese, come vorrebbe il PD con la fusione dei piccoli Comuni sotto i 5.000 abitanti come siamo noi. Anzi, proprio per riaffermare il nostro spirito autonomistico e identitario, abbiamo addirittura cambiato il nostro simbolo iniziale per includervi i tre principi cardine del nostro impegno civile e amministrativo: LIBERTA’, AUTONOMIA, GIUSTIZIA. Perché, per noi: 1) Libertà è democrazia, che si esprime mediante l’inalienabile diritto al voto a suffragio universale diretto (quindi noi montenovesi, e solo noi montenovesi, non altri, devono poter votare per eleggerci liberamente chi deve amministrarci a Montenovo); 2) Autonomia è diritto ad avere un organismo istituzionale comunale, libero di svolgere funzioni e incarichi senza ingerenze o condizionamenti esterni di natura politica, che deve avere funzioni proprie per specifiche esigenze della nostra popolazione; 3) Giustizia è senso e consenso naturale e innato che impegna ogni singolo montenovese a tenere rapporti e comportamenti reciproci ispirati a probità, onestà, correttezza e non lesività verso il prossimo, come virtù morali che comportano doveri e diritti uguali per tutti. Tutte queste cose abbiamo sempre professato nel corso di questi cinque anni, insistentemente, settimanalmente, pubblicamente, per spiegare sempre e fino in fondo il nostro pensiero. Anche esagerando un po’, ripetendo le nostre dichiarazioni e richieste perfino una terza volta, ma solo per mettere in mora, poi sarebbe stata l’ultima, perché dopo tre volte chi vuole capire capisce, sennò non vuol capire, e allora è del tutto inutile ripetere ancora. E infatti, dall’altra parte abbiamo trovato una maggioranza politica che ha sistematicamente disatteso le promesse, contravvenendole, dimenticandole, bistrattandole, infrangendole, tradendole, “sfasciando” quel poco che c’era rimasto dopo il ventennio “sfascista”, come l’ultimo caso (ma è solo uno dei tanti e tantissimi) della definitiva chiusura dell’Ospedale e della RSA. E’ troppo. Non si può più tollerare e aspettiamo con trepidazione che giungano le elezioni amministrative comunali anticipate (“anticipate” perché ben 12 frettolosi “innovatori” nel 2013 hanno tradito il mandato quinquennale fiduciosamente conferito loro dall’organo sovrano che è il popolo montenovese, affossando il paese nella vergogna civile del commissariamento, anticamera del ben peggiore risultato conseguente) per poter sperare che le cose migliorino. Per questo rinnoviamo il nostro caloroso appello a tutti i compaesani affinché ci aiutino con il loro personale impegno e con suggerimenti a costruire una alternativa possibile a questo insopportabile stato di cose. Perché il paese deve tornare a prosperare, nonostante la sinistra Lista Civica per Ostra Vetere, che ha dimostrato di non essere capace di amministrare, nè si può più lasciare Montenovo in mano a questa sinistra sfascista. Anche per questi motivi abbiamo parteggiato per il NO contro il referendum sulla fusione di Morro d’Alba in Senigallia. Quel referendum si è tenuto la domenica 23 ottobre 2016 e il risultato clamoroso ci ha dato ragione: il NO ha stravinto a Morro d’Alba con il 70,33% dei voti e a Senigallia ben il 60,53% dei senigalliesi ha votato contro la fusione. Risultati netti e senza tentennamenti. E’ stata una bocciatura solenne dei due sindaci PD che avevano provocato quel referendum: Cinti sindaco di Morro d’Alba e Mangialardi sindaco di Senigallia. Entrambi sconfessati sonoramente dai loro stessi cittadini, che hanno detto NO. Ma il NO dei cittadini non è un NO solo al progetto di fusione, è un NO anche ai due sindaci che non hanno più il sostegno dei loro elettori. Pensavamo che fosse bastata quella sonora lezione. E invece la protervia del PD è senza freni e adesso ripropone l’idea della “collettivizzazione” e svicola attraverso il progetto della Unione dei Comuni che porterà automaticamente alla Fusione, che priverà Montenovo della sua Autonomia millenaria per ridurci a smunta e misera frazione di Senigallia Magna, tanto è vero che lo stesso Consiglio Comunale ha approvato l’Unione con i voti della sola maggioranza PD. E subito dopo il sindaco PD Memè ha firmato l’atto della terrificante Unione del nostro Comune nella ridicola nuova denominazione di “Terre della Marca Senone”. Noi siamo contro, non la vogliamo e faremo di tutto per contrastare il progetto. E intanto ricordiamo il mensilario (anniversario mensile) del NO al referendum sulla fusione Senigallia-Morro d’Alba del 23/10/2016.

da montenovonostro

 

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