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Santo del giorno 20 gennaio: San Sebastiano martire PDF Stampa E-mail
Venerdì 20 Gennaio 2023 00:00

Santo del giorno 20 gennaio: San Sebastiano martire   Su san Sebastiano martire le fonti storiche certe sono: il più antico calendario della Chiesa di Roma, la ‘Depositio martyrum’ risalente al 354, che lo ricorda al 20 gennaio e il “Commento al salmo 118” di sant’Ambrogio (340-397) dice che Sebastiano era di origine milanese e si era trasferito a Roma. Le poche notizie storiche sono state poi ampliate e abbellite, dalla successiva ‘Passio’, scritta probabilmente nel V secolo dal monaco Arnobio il Giovane. Nel 260 l’imperatore Galliano aveva abrogato gli editti persecutori contro i cristiani, ne seguì un lungo periodo di pace in cui i cristiani, pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano però stimati, occupando alcuni di loro importanti posizioni nell’amministrazione dell’impero. In questo clima favorevole, la Chiesa si sviluppò enormemente anche nell’organizzazione; Diocleziano che fu imperatore dal 284 al 305, desiderava portare avanti questa situazione pacifica, ma poi 18 anni dopo, su istigazione del suo cesare Galerio, scatenò una delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero. Sebastiano, che secondo sant’Ambrogio era nato e cresciuto a Milano, da padre di Narbona (Francia meridionale) e da madre milanese, era stato educato nella fede cristiana, si trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283, fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma, stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano. Grazie alla sua funzione, poteva aiutare con discrezione i cristiani incarcerati, curare la sepoltura dei martiri e riuscire a convertire militari e nobili della corte, dove era stato introdotto da Castulo, domestico (cubicolario) della famiglia imperiale, che poi morì martire. La ‘Passio’, racconta che un giorno furono arrestati due giovani cristiani Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino; il padre ottenne un periodo di trenta giorni di riflessione prima del processo, affinché potessero salvarsi dalla certa condanna sacrificando agli dei. Nel tetro carcere i due fratelli stavano per cedere alla paura, quando intervenne il tribuno Sebastiano riuscendo a convincerli a perseverare nella fede; mentre nel buio della cella egli parlava ai giovani, i presenti lo videro circondato di luce e tra loro c’era anche Zoe, moglie del capo della cancelleria imperiale, diventata muta da sei anni. La donna si inginocchiò davanti a Sebastiano, il quale dopo aver implorato la grazia divina fece un segno di croce sulle sue labbra, restituendole la voce. A ciò seguì una collana di conversioni importanti, il prefetto di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio, Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio; tutti in seguito subirono il martirio, come pure i due fratelli Marco e Marcelliano e il loro padre Tranquillino. Sebastiano per la sua opera di assistenza ai cristiani, fu proclamato da papa san Caio “difensore della Chiesa” e proprio quando, secondo la tradizione, aveva seppellito i santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, detti Quattro Coronati, sulla via Labicana, fu arrestato e portato da Massimiano e Diocleziano, il quale già infuriato per la voce che si diffondeva in giro, che nel palazzo imperiale si annidavano i cristiani persino tra i pretoriani, apostrofò il tribuno: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”. Sebastiano fu condannato a essere trafitto dalle frecce; legato a un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’, fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un riccio; creduto morto dai soldati fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici. Ma la nobile Irene, vedova del già citato san Castulo, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei cristiani, i quali sfidavano il pericolo per fare ciò e spesso venivano sorpresi e arrestati anche loro. Ma Irene si accorse che il tribuno non era morto e trasportatolo nella sua casa sul Palatino, prese a curarlo dalle numerose lesioni. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli, che cercava il martirio, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Elagabolo, in onore del Sole Invitto, poi dedicato a Ercole. Superata la sorpresa, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, innocenti delle accuse fatte loro, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304 circa nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. L’abbandono dei corpi dei martiri senza sepoltura, era inteso dai pagani come un castigo supremo, credendo così di poter trionfare su Dio e privare loro della possibilità di una resurrezione. La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia. Le catacombe, oggi dette di San Sebastiano, erano dette allora ‘Memoria Apostolorum’, perché dopo la proibizione dell’imperatore Valeriano del 257 di radunarsi e celebrare nei cosiddetti “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense, trasferendoli sulla via Appia, in un cimitero considerato pagano. Costantino nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i loro corpi e dove si costruirono poi le celebri basiliche. Sulla Via Appia si costruì un’altra basilica costantiniana la “Basilica Apostolorum”, in memoria dei due apostoli. Fino a tutto il VI secolo, i pellegrini che vi si recavano attirati dalla ‘memoria’ di san Pietro e san Paolo, visitavano in quel cimitero anche la tomba del martire Sebastiano, la cui figura era per questo diventata molto popolare e quando nel 680 si attribuì alla sua intercessione la fine di una grave pestilenza a Roma, il martire san Sebastiano venne eletto taumaturgo contro le epidemie e la chiesa cominciò a essere chiamata “Basilica Sancti Sebastiani”. Il santo, venerato il 20 gennaio, è considerato il terzo patrono di Roma, dopo i due apostoli Pietro e Paolo. Le sue reliquie, sistemate in una cripta sotto la basilica, furono divise durante il pontificato di papa Eugenio II (824-827) il quale ne mandò una parte alla chiesa di San Medardo di Soissons il 13 ottobre 826; mentre il suo successore Gregorio IV (827-844) fece traslare il resto del corpo nell’oratorio di San Gregorio sul colle Vaticano e inserendo il capo in un prezioso reliquiario, che papa Leone IV (847-855) trasferì poi nella Basilica dei Santi Quattro Coronati, dove tuttora è venerato. Gli altri resti di san Sebastiano rimasero nella Basilica Vaticana fino al 1218, quando papa Onorio III concesse ai monaci cistercensi, custodi della Basilica di San Sebastiano, il ritorno delle reliquie risistemate nell’antica cripta; nel XVII secolo l’urna venne posta in una cappella della nuova chiesa, sotto la mensa dell’altare, dove si trovano tuttora. San Sebastiano è considerato patrono degli arcieri e archibugieri, tappezzieri, fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con oggetti a punta simili alle frecce. Patrono di Pest a Budapest e dei Giovani dell’Azione Cattolica, è invocato nelle epidemie, specie di peste, così diffusa in Europa nei secoli addietro. Nell’arte antica san Sebastiano fu variamente raffigurato come anziano, uomo maturo con barba e senza barba, vestito da soldato romano o con lunghe vesti proprie di un uomo del Medioevo. Dal Rinascimento in poi diventò, nell’arte, l’equivalente degli dei ed eroi greci, celebrati per la loro bellezza come Adone o Apollo, poi ispirandosi a una leggenda dell’VIII secolo, secondo la quale il martire sarebbe apparso in sogno al vescovo di Laon nelle sembianze di un efebo, pittori e scultori cominciarono a raffigurarlo come un bellissimo giovane nudo, legato a un albero o colonna e trafitto dalle frecce. Il soggetto si presentava a una libera interpretazione del primo martirio delle frecce, (non si teneva conto che fosse poi morto con il flagello) e secondo l’estro dell’artista per un compiaciuto virtuosismo anatomico, applicato a un soggetto religioso. Anche Michelangelo nel “Giudizio Universale”, lo immaginò nudo e possente come un Ercole, mentre stringe in pugno un fascio di frecce, interpretazione guerriera del mite santo, beato nella comunione del Signore. Innumerevoli sono le opere d’arte che lo raffigurano e quasi tutti gli artisti, pittori e scultori, si cimentarono nell’opera, anzi la semplicità del soggetto, uomo nudo legato a una colonna, fu congeniale specie agli scultori. Ancora vivente, il papa lo denominò “difensore della Chiesa”, e celeste patrono e difensore fu denominato da intere città. Infine è da ricordare che insieme a san Giovanni Battista, è molto raffigurato nei gruppi di santi che circondano il trono della Madonna o che sono posti ai lati della Vergine. A Montenovo (attuale Ostra Vetere in provincia di Ancona nelle Marche) al martire san Sebastiano è stata dedicata una chiesa titolare, sede della Confraternita dei Crocesegnati eretta prima del 1479 nell'unico altare della chiesa di S. Sebastiano e di cui il Comune ha il giuspatronato, cioè il dovere di provvedere alla sua manutenzione e per questo motivo il potere di nominare il cappellano, dopo che era stata eretta come voto della popolazione durante una epidemia di peste (testo numero 26 - Guido Gregorini, Giuseppe Rocchetti, L'antica Confraternita di san Rocco a Montenovo, Ostra Vetere (AN) Centro Cultura Popolare, 1990, pp. 40). In realtà l’attuale chiesa settecentesca di San Sebastiano succede a una precedente omonima chiesa di San Sebastiano Vecchio, che venne addirittura usata come chiesa parrocchiale durante i lavori di ricostruzione della chiesa abbaziale titolare di Santa Maria Annunziata di Piazza effettuata dal nono abate don Marco Poccianti fra il 1664 al 1667 e per questo motivo, appena terminata la ricostruzione dell’abbazia parrocchiale, venne ricostruita anche la chiesa titolare di San Sebastiano Nuovo addirittura come spettante al Capitolo Lateranense, secondo l’attestazione anche dallo stemma in pietra apposto sopra il portale. E la medesima funzione suppletiva della chiesa parrocchiale accadde anche in occasione dell’ultima ricostruzione della chiesa abbaziale parrocchiale disposta dall’energico ventunesimo abate Giustini, dopo una complessa vicenda giudiziaria contro il Comune, retto dall’anticlericale sindaco Marulli che aveva sequestrato i depositi a risparmio cumulati per quasi cinquan’anni  di provviste ma venendo infine condannato sia in primo grado che in appello a restituire all’abate l’intero importo, che potette così essere investito nell’ultima ricostruzione, ottenendo la gratificante promozione a vescovo di  Recanati e Loreto. Ma con la seconda guerra mondiale del 1940-45 la chiesa di San Sebastiano subì un grave danneggiamento a seguito di un bombardamento, fin quando il Comune, assolvendo infine ai propri doveri di patronato, la fece restaurare e restituire alla parrocchia, riconsegnandone infine le chiavi al vescovo diocesano.

 

estratto da: http://www.santiebeati.it

da Centro Cultura Popolare