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Santo del giorno 22 maggio: Santa Umiltà badessa vallombrosana PDF Stampa E-mail
Sabato 22 Maggio 2021 00:00

Santo del giorno 22 maggio: Santa Umiltà badessa vallombrosanaLa sua ‘Vita’, scritta dal monaco contemporaneo Biagio (1330 ca.), è contenuta nel codice 271 della Biblioteca Riccardiana di Firenze; inoltre vi è una seconda ‘Vita’ nel codice 1563 della stessa Biblioteca. Ma molti altri testi dei secoli successivi, fino agli Atti della Congregazione dei Riti del 1720, riportano notizie che la riguardano, sia come persona, sia per gli scritti, sia per i processi apostolici, sia per le fondazioni di monasteri a lei collegati. Rosanna Negusanti, figlia dei nobili Elimonte e Richelda, nacque a Faenza nel 1226, l’anno della morte del serafico Francesco d’Assisi; nel 1241, a soli 15 anni, perse il padre e l’anno successivo a 16 anni sposò il patrizio Ugonotto dei Caccianemici e avranno ben presto due bambini, ma la loro felicità fu brevissima, essi morirono appena battezzati; nel contempo le muore anche la madre Richelda. Ma la giovane donna (aveva 24 anni) senza avvilirsi e cedere allo sconforto o distrarsi con le gioie del mondo, decide insieme al marito Ugonotto (che morirà nel 1256) di ritirarsi a vita religiosa, entrando ambedue nei chiostri della canonica di Santa Perpetua; non era raro nel Medioevo, di assistere a scelte di questo genere fra due coniugi cristiani. Ed in questa occasione Rosanna Negusanti cambia il nome in quello di Umiltà; dopo essere guarita miracolosamente da una grave malattia, nel 1254 lascia il chiostro della canonica e si ritira in clausura in una celletta costruita per lei presso il monastero vallombrosano di Sant’Apollinare, fondato tra il 1012 e il 1015 da San Giovanni Gualberto. Qui visse per dodici anni, purificando ed elevando il suo spirito con preghiere e digiuni, alternandoli con consigli che dava a quanti le si rivolgevano per aiuto. Il suo esempio attrasse alcune giovani di Faenza che chiesero di costruire altre celle vicino alla sua e per vivere sotto la sua guida. E così nel 1266 per consiglio del vescovo Petrella, Umiltà accetta di diventare la guida spirituale delle nuove monache, riunite nel vecchio monastero della Malta a Vallombrosa (FI), che d’ora in poi si chiamerà di Santa Maria Novella. Umiltà, che aveva ormai 40 anni, ritorna ad essere madre piena di bontà, di saggezza e di energia, diventando la guida per le nuove figlie, indirizzandole sulla via della santità e alcune delle prime monache godono per questo di un loro culto. Trascorsero così quindici anni, mettendo in pratica tutte le virtù della Regola di San Benedetto e delle Costituzioni Vallombrosane di San Giovanni Gualberto. Quando aveva 55 anni, nel 1281 madre Umiltà si mise a costruire una nuova casa spirituale per le giovani fiorentine, la cui vita era scossa dalle lotte fra Bianchi e Neri; la chiesa venne eretta a Firenze, in onore di San Giovanni Evangelista, ebbe come architetto Giovanni Pisano e come decoratore il celebre Buffalmacco; fu consacrata nel 1297 dal vescovo Francesco Monaldeschi. Pur essendo molto malata e anziana, suor Umiltà teneva contatti personali con Faenza e Roma per dare continuità ai due monasteri, finché dopo sei mesi di sofferenze, ad 84 anni, cessò di vivere a Firenze il 22 maggio 1310. Dopo un anno, il 6 giugno 1311, il suo corpo fu esumato e, benché fosse sepolto nella nuda terra sotto il pavimento della chiesa, risultò incorrotto; fu rivestita di preziosi indumenti e da allora ebbe un culto ininterrotto. Il suo corpo in seguito fu traslato nei monasteri di Santa Caterina, di Sant’Antonio (1529), di San Salvi (1534), nell’800 in quello dello Spirito Santo di Varlungo presso Firenze. Infine, nel 1972, nel Monastero dello Spirito Santo di Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze, dove è tuttora conservato. La spiritualità di Santa Umiltà si può rilevare dai pochi Sermoni pervenutaci, essi sono viva espressione di profonda umiltà e di fervido amore per Dio e per il prossimo. Il suo culto è antichissimo, forse risale addirittura alla solenne ‘elevazione’ delle reliquie del 1311, in cui fu concessa una Messa propria; nel 1317 i vescovi radunati ad Avignone concessero particolari indulgenze. Il 27 gennaio 1720 la Congregazione dei Riti con papa Benedetto XIII confermò l’antico culto, facendo celebrare la Messa propria il 22 maggio. Fu dichiarata nel 1942 compatrona di Faenza e le vennero dedicati altari nei due monasteri da lei fondati della Congregazione Vallombrosana.

estratto da: http://www.santiebeati.it

da Centro Cultura Popolare