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Santo del giorno 16 ottobre Sant'Edvige religiosa e duchessa di Slesia e di Polonia PDF Stampa E-mail
Mercoledì 16 Ottobre 2013 00:00

Santo del giorno 16 ottobre Sant'Edvige religiosa e duchessa di Slesia e di PoloniaSanta Edvige, nata nel 1174 nell’Alta Baviera dai genitori Bertoldo e Agnese, di alta nobiltà bavarese, che la preparano a un matrimonio importante, facendola studiare alla scuola delle monache benedettine di Kitzingen, presso Würzburg. E a 16 anni, infatti, Edvige sposa a Breslavia (attuale Wroclaw, in Polonia) il giovane Enrico I detto il Barbuto, erede del ducato della Bassa Slesia. Quattro anni dopo, Enrico succede al padre Boleslao e così lei diventa duchessa della Slesia. Questo territorio slesiano faceva ancora parte del regno di Polonia, ma si stava germanizzando. I suoi duchi, già dal tempo di Federico Barbarossa (morto nel 1190) gravitavano nell’orbita dell’Impero germanico; la feudalità locale era invece di stirpe polacca, come la maggioranza degli abitanti, ai quali però si stava mescolando una forte immigrazione di tedeschi. La condizione nobile di Edvige non le vietò di vivere a fondo la propria fede, dando prova di profonda devozione ed esprimendo in diversi modi la carità verso gli ultimi e l’intenzione totale di porre tutta la sua persona a servizio degli altri. Si dedicò assiduamente nell’assistenza ai poveri, fondando per loro degli ospizi, stile che applicò nella vita di corte e nella politica estera come duchessa di Polonia. Edvige mette al mondo via via sei figli: Boleslao, Corrado, Enrico detto il Pio, Agnese, Sofia e Gertrude. E si rivela buona collaboratrice del marito nel difficile governo del ducato: guadagna la simpatia dei sudditi polacchi imparando la loro lingua, promuove l'assistenza ai poveri, come fanno e faranno molte altre sovrane; ma con una differenza: lei vive la povertà in prima persona, giorno per giorno, con le regole severe che si impone, eliminando dalla sua vita tutto quello che può distinguerla da una donna di condizione modesta. A cominciare dall’abbigliamento. I biografi parlano degli abiti usati che indossa, delle calzature logore, delle cinture simili a quelle dei carrettieri. È poco fortunata con i figli, che non avranno rapporti affettuosi con lei, e che moriranno quasi tutti ancora giovani, tranne Gertrude. Provata da diverse sventure familiari e addolorata dalla rivalità tra i due figli, seppe mostrare sempre la mitezza e la saggezza di chi vive un profondo desiderio di pace. Quando il marito fu fatto prigioniero di guerra ne ottenne la liberazione. Si adoperò per migliorare le condizioni di vita dei carcerati e usò gran parte delle sue rendite per i poveri. Praticò un’austerità personale volta a una mortificazione offerta come segno concreto per chi viveva chiuso nel peccato e nell’egoismo. Suo marito, Enrico il Barbuto, morì nel 1238, e gli succede il figlio Enrico il Pio, che già nel 1241 viene ucciso in combattimento contro un’incursione mongola presso Liegnitz (attuale Legnica). Disgrazie in serie, dunque. Ma i biografi dicono che lei le affronta ogni volta senza lacrime. Forse perché è tedesca. E fors’anche perché è molto legata all’ambiente monastico del tempo, con tutto il suo rigore. (Alle molte preghiere e pie letture, Edvige accompagna anche penitenze fisiche durissime). Eppure, quando si ritrova sola, non pensa di “fuggire dal mondo” subito, entrando in monastero. No, prima bisogna pensare ai poveri, come dirà alla figlia Gertrude, non per motivi di buona politica, ma perché i poveri sono “i nostri padroni”. E questo linguaggio richiama «la spiritualità degli Ordini mendicanti e in particolare quella dei Francescani, tra i quali Edvige, negli ultimi anni della sua esistenza, scelse il proprio confessore» (A. Vauchez, La santità nel Medioevo, ed. Il Mulino). Dopo la morte del marito, il duca Enrico, trascorse operosamente i restanti anni della sua vita nel monastero delle monache Cistercensi da lei stessa fondato nel 1262 a Trebnitz (l’attuale Trzebnica) nella Slesia in Polonia, e di cui era badessa sua figlia Gertrude. E qui visse da monaca. Anzi, da monaca superpenitente. Principessa e penitente, sposa fedele e madre dolorosa, sovrana giusta e benefica, Edvige morì da monaca a Trebnitz il 15 ottobre 1243, chiedendo di essere sepolta nella tomba comune del monastero e fu subito venerata come santa, sia dai fedeli germanici che da quelli slavi. Tedeschi e polacchi di Slesia furono infatti concordi nel chiamarla santa: nel 1262, sotto papa Urbano IV, incominciò la causa per la sua canonizzazione, e nel 1267 papa Clemente IV la iscrisse tra i santi. Il corpo sarà in seguito trasferito nella chiesa del monastero, la cui memoria si celebra il giorno successivo della morte, il 16 ottobre.

Da: http://www.santiebeati.it