Santo del giorno 30 settembre: San Girolamo (o Gerolamo) sacerdote e dottore della Chiesa Stampa
Venerdì 30 Settembre 2022 00:00
versione greca detta dei Settanta. A Roma fa anche da guida spirituale a un gruppo di alcune persone dell’aristocrazia romana, soprattutto nobildonne come Paola, Marcella, Asella, Lea ed altre, desiderose di impegnarsi sulla via della perfezione cristiana e di approfondire la loro conoscenza della Parola di Dio, che lo scelsero come loro guida spirituale e maestro nell’approccio metodico ai testi sacri. Queste nobildonne impararono anche il greco e l’ebraico. Ma intanto Girolamo scaglia attacchi durissimi a ecclesiastici indegni (un avido prelato riceve da lui il nome “Grasso Cappone”). Alla morte di Damaso I (384), va in Palestina con la famiglia della nobile Paola. Vive in un monastero a Betlemme, scrivendo testi storici, dottrinali, educativi e corrispondendo con gli amici di Roma con immutata veemenza. Perché così è fatto. E poi perché, francamente, troppi ipocriti e furbi inquinano ora la Chiesa, dopo che l’imperatore Teodosio (ca. 346-395) ha fatto del cristianesimo la religione di Stato, penalizzando gli altri culti. Intanto prosegue il lavoro sulla Bibbia secondo l’incarico di Damaso I. Ma, strada facendo, lo trasforma in un’impresa mai tentata. Sente che per avvicinare l’uomo alla Parola di Dio bisogna andare alla fonte. E così, per la prima volta, traduce direttamente in latino dall’originale ebraico i testi protocanonici dell’Antico Testamento. Lavora sulla pagina e anche sul terreno, come dirà: "Mi sono studiato di percorrere questa provincia (la Giudea) in compagnia di dotti ebrei". Rivede poi il testo dei Vangeli sui manoscritti greci più antichi e altri libri del Nuovo Testamento. Gli ci vorrebbe più tempo per rifinire e perfezionare l’enorme lavoro. Ma, così come egli lo consegna ai cristiani, esso sarà accolto e usato da tutta la Chiesa: nella Bibbia di tutti, Vulgata, di cui le sue versioni e revisioni sono parte preponderante, la fede è presentata come nessuno aveva fatto prima dell’impetuoso Gerolamo. Con quest’uomo intrattabile hanno un debito enorme la cultura e i cristiani di tutti i tempi. Ha litigato con sprovveduti, dotti, santi e peccatori; fu ammirato e detestato. Ma rimane un benefattore delle intelligenze e la Chiesa lo venera come uno dei suoi padri più grandi. E impetuoso rimane, continuando nelle polemiche dottrinali con l’irruenza di sempre, perfino con sant’Agostino, che invece gli risponde con grande amabilità. I suoi difetti restano, e la grandezza della sua opera pure. Gli ultimi suoi anni sono rattristati dalla morte di molti amici, e dal sacco di Roma compiuto da Alarico nel 410: un evento che angoscia la sua vecchiaia a Gerusalemme; stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì. Si spense infatti nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419/420.

estratto da: http://www.santiebeati.it

da Centro Cultura Popolare