Scelta Popolare commenta la nuova enciclica del Papa Stampa
Mercoledì 08 Luglio 2009 08:37
radicalmente questione antropologica". Tuttavia, "Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello al bene comune", afferma il Papa. Perciò i cristiani non stanno semplicemente alla finestra a guardare o a protestare, contagiati dalla moderna cultura della denuncia, ma si lasciano convertire per costruire, in Dio, una cultura nuova, perchè secondo la dottrina cristiana lo sviluppo è una "vocazione" che implica "una assunzione solidale di responsabilità per il bene comune". La "Caritas in Veritate" propone un superamento dell'utilitarismo in favore di uno sviluppo del mercato e dell'economia di tipo umanistico e improntato sulla fraternità. La parola chiave per comprendere la novità della "Caritas in Veritate" è quella di "fraternità": è stata la scuola di pensiero francescana a dare alla ‘fraternità' il significato di complemento ed esaltazione del principio di solidarietà. Mentre la solidarietà è il principio di organizzazione sociale che consente ai diseguali di diventare eguali, il principio di fraternità è quel principio di organizzazione sociale che consente agli eguali di esser diversi. La fraternità consente a persone che sono eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali di esprimere diversamente il loro piano di vita. Una buona società non può accontentarsi dell'orizzonte della solidarietà, perché una società che fosse solo solidale, e non anche fraterna, sarebbe una società dalla quale ognuno cercherebbe di allontanarsi. Il fatto è che mentre la società fraterna è anche una società solidale, il viceversa non è necessariamente vero, nè è sostenibile una società in cui si estingue il senso di fraternità, perchè non è capace di progredire quella società in cui esiste solamente il ‘dare per avere' oppure il ‘dare per dovere'. In questa enciclica per la prima volta vengono trattati in modo sistematico i temi della globalizzazione, del rispetto dell'ambiente, della bioetica e della sua centralità sociale, poichè la responsabilità del sottosviluppo non è solo di alcuni ma di tanti, compresi i paesi emergenti e le élites di quelli poveri. L'enciclica condanna le ideologie del passato e anche quelle nuove: dall'ecologismo al terzomondismo e postula una società nè socialista nè capitalista, ma fraterna e cristiana. Essa affronta però soprattutto l'ideologia della tecnica: dopo il crollo delle ideologie politiche si è consolidata l'ideologia della tecnica, tanto più pericolosa in quanto si alimenta di una cultura relativista, alimentandola a sua volta. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire, ha però una missione di verità da compiere per una società a misura dell'uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Le correlazioni fra fraternità, sviluppo economico e società civile sono affrontate nell'enciclica: "Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica". Il mercato, ribadisce, non deve considerare i poveri un "fardello, bensì una risorsa", non deve diventare "luogo della sopraffazione del forte sul debole". Alla globalizzazione serve "un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza" capace di "correggerne le disfunzioni". C'è, aggiunge, "la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza", ma la diffusione del benessere non va frenato "con progetti egoistici, protezionistici". "L'economia - ribadisce ancora - ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento". Gli ultimi paragrafi del capitolo sono dedicati all'ambiente. Per il credente, la natura è un dono di Dio da usare responsabilmente. "L'accaparramento delle risorse" da parte di Stati e gruppi di potere, denuncia il Pontefice, costituisce "un grave impedimento per lo sviluppo dei Paesi poveri". La comunità internazionale deve perciò "trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili". Affronta poi il fenomeno "epocale" delle migrazioni. Il Papa chiede che i lavoratori stranieri non siano considerati come una merce ed evidenzia il "nesso diretto tra povertà e disoccupazione". Invoca un lavoro decente per tutti e invita i sindacati, distinti dalla politica, a volgere lo sguardo verso i lavoratori dei Paesi dove i diritti sociali vengono violati. Nella Conclusione dell'Enciclica, il Papa sottolinea che lo sviluppo "ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera", di "amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace".