Europa: Pensioni sostenibili e sistemi compatibili. Senza alternativa il destino dell'Europa Stampa
Giovedì 10 Giugno 2010 17:17
documento di fine mese non conterrà una proposta politica generale sul sistema pensionistico, i termini della questione dal punto di vista europeo sono chiari e basati su un principio generale: garantire sistemi pensionistici adeguati e sostenibili, nel rispetto delle competenze nazionali. L'Unione europea, tanto per fare un esempio, non fissa l'età delle pensioni: questo, insieme ad altri aspetti, rimane di competenza dei singoli Stati. Ma come assicurare un futuro alle pensioni, e quindi ai sistemi europei di previdenza e sicurezza sociale, è una priorità condivisa. Attualmente, tutti i sistemi pensionistici sono sotto pressione a causa dell'invecchiamento demografico e dell'impatto della crisi economica e finanziaria. Nel 2008 c'erano nell'UE quattro persone in età lavorativa (compresa cioè tra 15 e 64 anni) per ogni cittadino con più di 65 anni. Entro il 2060 questo rapporto sarà soltanto di due a uno. Più persone che lavorano e più a lungo: questa è la base per assicurare che il sistema delle pensioni sia adeguato e sostenibile, adesso e in futuro. Il concetto è in linea sia con il patto di stabilità che regola la moneta unica, sia con la nuova strategia "Europa 2020" per lo sviluppo economico e l'occupazione, che fissa come obiettivo un tasso di occupazione del 75%. Ciò non significa necessariamente l'innalzamento per legge dell'età pensionabile, ma piuttosto assicurare che le persone stiano più a lungo sul mercato del lavoro. L'età media effettiva della pensione in Europa - quella cioè in cui le persone lasciano effettivamente il mercato del lavoro - è di 61,4 anni. Questo significa che in molti Paesi d'Europa, Italia inclusa, le persone si ritirano dal lavoro prima dell'età prevista dalle norme. Un Libro verde, per definizione, è un documento di consultazione: esso lancerà quindi un dibattito, si spera il più aperto possibile, su diversi aspetti. Quanto al caso dell'Italia, va ribadito che il nocciolo della questione - e la legislazione europea di riferimento che ha portato alla procedura d'infrazione - non è tanto il sistema pensionistico, quanto la discriminazione nel trattamento sull'accesso al mercato del lavoro, e sul concetto di parità retributiva, prevista dal Trattato di Lisbona all'articolo 157. Nel mirino dal 2005 in particolare è il regime applicabile ai funzionari pubblici italiani gestito dall'INPDAP, l'istituto di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, discriminatorio poiché applica alle donne e agli uomini età pensionabili diverse. Un periodo di graduale applicazione di otto anni (il pieno regime si raggiunge nel 2018) è considerato troppo lungo dalla Commissione europea. La posizione espressa dalla Vicepresidente Viviane Reding al Governo italiano lunedì è stata molto chiara. Da qualsiasi punto di vista la si osservi, la morale della storia, però, è ormai chiara: i sistemi socio-economici dei Paesi UE devono essere sostenibili e compatibili. A questo non c'è alternativa. La legislazione UE, ma soprattutto le norme del Trattato, offrono ormai moltissimi strumenti per applicare questo principio, in stretta collaborazione tra le istituzioni europee e quelle nazionali. Remare contro questa direzione storica ineluttabile si può, certo: è la democrazia. Ma la navigazione sarebbe a vista e sicuramente ancora più tempestosa di quella attuale, e l'approdo isolato e con poche opportunità per il futuro. Matteo Fornara, Rappresentanza a Milano della Commissione europea".