Marche: Il Centro Sperimentale di Tartuficoltura festeggia 30 anni Stampa
Giovedì 11 Ottobre 2012 18:14
ecologico poiché garantisce la tutela e la manutenzione del territorio, il contrasto all’erosione del suolo, la prevenzione del dissesto idrogeologico, il ripristino della fertilità naturale in suoli spossati e l’assorbimento di anidride carbonica. Inoltre è attuata senza l’impiego di fertilizzanti chimici e diserbanti nocivi per l’ambiente. “La coltivazione dei tartufi – dichiara il vicepresidente e assessore regionale all’Agricoltura, Paolo Petrini, che interverrà al convegno – è uno dei settori più produttivi dell’economia marchigiana. Vero fiore all’occhiello dell’economia agricola di alcune aree montane e dell’entroterra. Questo tipo di attività produce reddito e sviluppo e allo stesso tempo si pone come utile strumento per la salvaguardia dell’ambiente in chiave sostenibile”. La moderna tartuficoltura nasce proprio nelle Marche, sia perché nel 1932 vi è stata impiantata la prima tartufaia “coltivata”, ma soprattutto perché negli anni ‘50 e ‘60, sono state realizzate dal dottor Mannozzi – Torini, ispettore regionale del Corpo Forestale dello Stato, numerose tartufaie coltivate, soprattutto tartufo nero pregiato, di cui alcune tuttora in produzione, a dimostrazione di una indubbia vocazione del territorio marchigiano alla coltivazione, oltre che alla produzione spontanea per le favorevoli condizioni climatiche e pedologiche. “In quest’ottica – spiega Gianluca Carrabs, amministratore unico dell’Assam, l’ente che gestisce il Centro Sperimentale di tartuficoltura di Sant’Angelo in Vado - vogliamo diffondere il patrimonio di conoscenze acquisite dall’Assam, rilevando che la vocazionalità diffusa del territorio non è la sola ragione della produzione. Le conoscenze ecologiche e soprattutto la qualità del materiale vivaistico di partenza, insieme con la professionalità del personale addetto, hanno un ruolo primario”. Le piantine prima di essere concesse, sono sottoposte a rigorosi controlli per verificare lo stato di micorizzazione dell’apparato radicale: non esistono quindi dubbi sulla qualità del materiale tartufigeno utilizzato. Una logica, questa, di valorizzazione del territorio e di attenzione alla domanda locale, che trova così una pronta risposta al soddisfacimento di un settore che è costantemente in espansione. “Siamo l’unico ente pubblico italiano – continua Carrabs - che da trenta anni produce piantine forestali con radici micorizate che, messe a dimora in sito idoneo, rendono una produttività di tartufaie che sfiora quasi il 100%. Questi risultati sono frutto di costanti investimenti economici e di risorse umane che hanno consentito di acquisire un know how unico, utile a sviluppare, nelle aree interne, un’attività economica florida e sostenibile dal punto di vista ambientale”.