Cremona, Bologna, Rimini verso Roma. Voleva un titolo e un territorio per il suo popolo avanzando richieste ragionevoli al principio: voleva il Veneto, la Dalmazia e l'Austria dall'impero romano; ma moderava le sue pretese via via che le trattative con Ravenna, dove era insediata la corte imperiale dell'imperatore Onorio, venivano imbastite e interrotte, via via che si avvicinava a Roma o tornava sui suoi passi verso Rimini, dove sperava di incontrarsi con l'imperatore e avere con lui un colloquio chiarificatore; ma l'udienza non gli fu concessa mai. La corte di Ravenna gli oppose un'indifferenza che oggi sembra inspiegabile, ma fu ispirata da una serie di episodi che sul momento parvero importanti: l'insperato invio di rinforzi da Costantinopoli, un successo riportato sulle Alpi da mercenari unni contro Ataulfo, il cognato di Alarico che dalla Pannonia si affrettava a raggiungerlo; l'arrivo di rimesse in oro e di navi cariche di grano dall'Africa scaricato nel porto di Classe. In queste incertezze, Alarico raggiunse Roma e dispose i suoi lungo le 21 miglia delle mura recentemente restaurate. L'assedio, anzi due assedi in due distinte tornate, durò due anni e nel frattempo nel 408 d.C. a Costantinopoli era morto l'imperatore d'Oriente Arcadio e governava un consiglio di reggenza per l'erede, un bambino, Teodosio II. Finiva il 408 e iniziava il 409. Trascorsero giorni di cupo terrore, di torpida attesa. Nell'Urbe assediata, non solo il popolino, superstizioso e tradizionalista, ma anche i pagani colti sollecitavano riti ufficiali propiziatori e si presentarono in città gli aruspici etruschi che dicevano di aver liberato Narni dall'assedio, suscitando un uragano. Nel febbraio del 409 Onorio emanò una serie di decreti contro magi e astrologi: ne ordinò l'espulsione dalla città, il rogo dei libri, poichè si rendeva conto che dietro le pratiche magiche si cercava di ripristinare il culto degli dei pagani in forma pubblica e solenne. I romani intanto, per versare il riscatto chiesto da Alarico, offrirono non solo gli ex-voto preziosi che arricchivano i santuari, ma fusero le statue stesse degli dei. Alarico, ottenuto il riscatto, si ritirò in Toscana; da Roma fuggirono migliaia di schiavi barbari e andarono a ingrossare l'armata dei Goti. La notizia dell'assedio intanto si diffondeva nel mondo, suscitando ovunque sbigottimento e costernazione. A Ravenna, caduti gli oltranzisti e attenuata la reazione, erano saliti al potere elementi più moderati, disposti a trattare con i Visigoti, purchè si ritirassero al di là delle Alpi. Ma Onorio, anche se non era alieno dal versare altro oro ai barbari purchè si ritirassero, mai e poi mai avrebbe ceduto loro. Rientrato da Rimini, fallito l'ultimo tentativo di trattare con l'imperatore, Alarico sostò a lungo sugli Appennini, esitante. Dopo essersi ripresentato ancora una volta a Rimini e aver subito un nuovo e più umiliante rifiuto, il re dei Visigoti, l'invasore riluttante, si decise a cingere Roma d'assedio per la terza volta. In questo tormentato contesto di scorrerie e razzie, lungo la strada percorsa dalle orde dei barbari cadde Ostra antica, bruciata e distrutta, prima che cadesse anche Roma. Di chi la colpa? Se l'imperatore a Ravenna non si fosse intestardito e avesse invece lasciato spazio alla trattativa, forse si sarebbe salvata anche Ostra, oltre a Roma. Così non fu. Cadde prima Ostra e l'anno dopo anche Roma. La storia insegna. Chi troppo vuole, nulla stringe. Mai. Ieri, oggi, domani e sempre.
Alberto Fiorani |