Ostra Vetere: Mensilario della caduta dell’amministrazione comunale il 07/01/2013 Stampa
Sabato 07 Aprile 2018 17:08

Ostra Vetere Mensilario della caduta dell amministrazione comunale il 07 01 2013Cade oggi il “mensilario” (anniversario mensile) della caduta dell’amministrazione comunale di ben cinque anni fa. Un lustro che non illustra la storia paesana, anzi la deturpa con ludibrio insopportabile dal punto di vista civile, poiché ha dovuto registrare l’abominio istituzionale della proditoria caduta della precedente amministrazione comunale, cui le improvvise, improvvide e ingiustificate dimissioni di ben 7 consiglieri della maggioranza di destra e le strumentali dimissioni di tutti i 5 consiglieri della minoranza di sinistra e della rinuncia alla surroga di tutti gli altri candidati non eletti della minoranza, sempre di sinistra, che hanno portato al commissariamento del Comune e poi all’elezione della nuova maggioranza, ancora erede di quella del primo ventennio cui si deve la dolorosa, proterva, pregiudiziale, lesiva esclusione e preclusione che ancora ci affligge. Cinque anni fa, il 7 gennaio 2013, prendeva inizio la pagina più brutta della storia montenovese. Quattro assessori comunali e tre viceassessori di destra avevano improvvisamente, improvvidamente e immotivatamente rassegnato le dimissioni, seguiti a ruota da altri cinque consiglieri della minoranza di sinistra che hanno provocato il commissariamento del quasi millenario, libero e autonomo Comune di Ostra Vetere. Non era mai accaduto in settanta anni di vita democratica. E’ stata la più brutta pagina di storia paesana, una pagina che rimarrà negli annali della memoria collettiva come “Anno Nero 2013”, in cui è stato toccato il fondo più basso del senso comune, in sprezzo a ogni dovere civico e di rispetto per quell’Autonomia Municipale locale che generazioni e generazioni di liberi e saggi amministratori comunali hanno garantito per secoli, a partire dalla nascita del libero e autonomo Comune di Montenovo, novecento anni fa, alla fine del Millecento. Nessuna attenuante può essere concessa a chi ha mancato alla parola data di bene e fedelmente amministrare la cosa pubblica e che è invece scappato a gambe levate dalle proprie responsabilità, sottoponendo il paese all’umiliazione di dover essere affidato in gestione ad un commissario straordinario estraneo, mandato da fuori ad assicurare l’ordinaria gestione del Comune abbandonato da chi ha tradito lo spirito più vero dell’Autonomia Comunale: quello di amministrarsi da soli dopo aver scelto come amministratori i cittadini “migliori”, i più capaci di lavorare per tutti, a favore di tutti. E invece in dodici, sia di destra che di sinistra, e che evidentemente non possono definirsi i “migliori”, hanno buttato per aria l’amministrazione comunale liberamente eletta dai compaesani che a loro l’avevano consegnata fiduciosamente, dopo che avevano sciaguratamente ardito candidarsi ad amministrarla e invece l’hanno scaraventata nelle mani di un estraneo forestiero. Non può esserci fatto più grave per il senso dell’onore civico, né sarebbe rimasto impunito nei secoli passati come, purtroppo, rimarrà oggi, salvo il senso di smarrimento e di vergogna che è stato imposto ingiustamente al paese. Ogni comunità locale onora la memoria dei saggi amministratori che nei secoli hanno promosso la prosperità della comunità locale. In molti, piccoli e grandi Comuni, viene conservato in pubblico l’elenco degli amministratori comunali benemeriti. Anche la libera Repubblica di Venezia, la Serenissima, conserva nella grande Sala dei Cinquecento nel Palazzo Dogale i ritratti dei dogi che hanno guidato nei secoli la repubblica marinara più nota e potente al mondo. Ci sono tutti i loro ritratti, tutti meno uno. Uno ne manca, vergognosamente coperto da un drappo nero che maschera la faccia dell’unico doge macchiatosi del più alto crimine civile di “traditore della patria”, Marin Faliero. Il suo volto non c’è, è stato coperto. Però c’è il nome su quel drappo: “Hic est locus Marini Faletri decapitati pro criminibus”. Il volto, la testa non c’è più, perché la Serenissima Repubblica gliela aveva fatta tagliare dopo essere stata vergognosamente tradita dal primo ma non il migliore, anzi il peggiore dei suoi amministratori. Storie tenebrose del passato che non deve più tornare. Ma rimane il monito imperituro: a nessuno è lecito tradire la patria. O il suo nome esecrato rimane a memoria del popolo che non dimentica, nemmeno a distanza di secoli. Mentre noi vorremo onorare la memoria degli amministratori migliori, di quelli che hanno saputo coraggiosamente difendere il paese e le sue libertà, le sue leggi e i suoi statuti, come fece l’eroico sindaco Bruno che con i suoi 58 eroici amici montenovesi seppe opporsi, fra il 1240 e il 1252, allo scomunicato imperatore ghibellino e jesino Federico II, nipote dell’infausto Barbarossa, che aveva invaso con le sue milizie teutoniche e saracene le valli del Misa e del Nevola minacciando le autonomie locali come Montenovo sotto il tallone dell’invasore. L’eroico sindaco Bruno e i suoi eroici amici montenovesi salvarono le libertà municipali di Montenovo tanti secoli fa. E a lui e loro promettiamo imperitura memoria, intitolando loro la piazzetta davanti all’antica Porta di Malichiusi che ancora si conserva all’interno del paese al “Montirozzo” e apponendovi una lapide celebrativa, affinchè sia di monito a noi e alle generazioni venture. Lo faremo, se il popolo avrà fiducia in noi e ci voterà compattamente nelle prossime elezioni amministrative anticipate di primavera. Anzi, affinchè l’impegno che oggi annunciamo sia ancora più solenne, lo iscriveremo nel programma elettorale che stiamo componendo in vista delle prossime elezioni. Con la speranza che siano quelle della rinascita del paese di Montenovo e non le ultime dell’Autonomia Municipale, minacciata da nuovi invasori, stavolta senigalliesi, ma sempre forestieri, sperabilmente senza l'aiuto di nuovi ignobili traditori locali.

da montenovonostro