Ostra Vetere: A flagello terrae motus, Libera nos Domine Stampa
Sabato 11 Marzo 2017 22:53

Ostra Vetere A flagello terrae motus Libera nos DomineTorniamo a titolare questo comunicato così come titolammo il precedente del Sabato 29 Ottobre 2016 “A flagello terrae motus, Libera nos Domine” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/35129-ostra-vetere-a-flagello-terrae-motus-libera-nos-domine) dopo le nuove tremende scosse di terremoto che flagellano l’Italia Centrale, che inutilmente richiamano gli amministratori comunali a quella previdenza che “C’era una volta, ma adesso non c’è più”, come titolava quasi cinquant’anni fa il mensile montenovese “Il Coteno”. Dobbiamo farlo, dopo i precedenti comunicati che segnalavano la diffusione degli eventi sismici in tutta Italia, che abbiamo pubblicato nelle scorse settimane a anche nei giorni scorsi. Sembra del tutto inutile appellarsi al senso di responsabilità di chi ci amministra (male) e nemmeno informa adeguatamente (peggio). E allora non ci rimane che appellarci alla Provvidenza Divina, che ci salvi dai mali del mondo. Lo facciamo, anche perché così lo facevano i nostri antenati, alla cui memoria guardiamo riconoscenti. Ci fu un periodo, trecento anni fa, in cui si verificarono dalle nostre parti altri terremoti spaventosi, sempre sull’Appennino, che fecero danni immensi fino a Roma e, soprattutto, anche da noi. Fra il 1703 e il 1741 il terremoto si abbattè inesorabile, provocando morti e distruzioni anche da noi: ne è prova la chiave di volta sull’arco di Porta Nuova all’Ospedale, la chiesa di Santa Lucia spostata dal luogo originale e la chiesa di Santa Croce cui si dovette ricostruire il tetto sfondato, tutti e tre ricostruiti dopo i terremoti di quegli anni. Anche nel vicino Montalboddo (oggi Ostra) la furia del terremoto fece danni tremendi, e gli amministratori dell’epoca, d’accordo con il popolo, istituirono un pellegrinaggio annuale alla chiesa di Santa Maria Apparve per lo scampato pericolo, replica di quello corso in precedente, fra il 1526 e il 1529, per la mortale epidemia di peste che aveva indotto a trasformare in chiesa la primitiva edicola sacra. Lo ricorda una lapide all’interno della chiesa che, fra le altre cose, dice: “Nel 1703 Ostra fu liberata dal terremoto e in segno di gratitudine il popolo fece voto di recarsi ogni anno in pellegrinaggio per rendere omaggio alla Vergine. Venne pure fatta dipingere una tela con in atto la Vergine che protegge la città ponendovi una scritta (oggi si trova anche sotto l’attuale immagine) “IN PESTE SANITAS – IN TERREMOTU SECURITAS””. E’ la stessa scritta che compare anche nell’immaginetta sacra oggi in distribuzione presso quel santuario e che pubblichiamo a lato, nei cartigli superiore e inferiore azzurri. “Salute e Sicurezza” cui dovrebbero provvedere gli amministratori pubblici con la gelosa custodia dell’Ospedale per la “salute” e con il Piano delle emergenze per la tendopoli e l’eliporto per la “sicurezza”. Due cose che c’erano e che non ci sono più, sfasciate come tante altre. Troppe. Perché, come scriveva “Il Coteno” quasi mezzo secolo fa, “C’era una volta, ma adesso non c’è più” e a noi rimane solo da invocare “A flagello terrae motus, Libera nos Domine”.

da montenovonostro