1.600 anni di storia. E si scava per scoprire com'era prima Stampa
Venerdì 24 Luglio 2009 14:41
Ruderi da 1600 anni alle MuraccePochi ruderi sbrecciati. Ecco quello che si vede nella foto recente scattata alle Muracce ed è tutto quello che è rimasto per 1.600 anni dell'antica città romana di Ostra, un tempo fiorente. Alarico (o forse suo cognato Ataulfo) con orde di Goti invasori hanno distrutto la ricca città romana in riva al fiume Misa nell'estate del 409 d.C. Tutto era iniziato un paio di anni prima. All'inizio del 407 d.C. il re barbaro Alarico scendeva lungo l'Adriatico dalle Alpi Giulie senza incontrare resistenza: Aquileia, Cremona, Bologna, Rimini verso Roma. Voleva un titolo e un territorio per il suo popolo avanzando richieste ragionevoli al principio: voleva il Veneto, la Dalmazia e l'Austria dall'impero romano; ma moderava le sue pretese via via che le trattative con Ravenna, dove era insediata la corte imperiale dell'imperatore Onorio, venivano imbastite e interrotte, via via che si avvicinava a Roma o tornava sui suoi passi verso Rimini, dove sperava di incontrarsi con l'imperatore e avere con lui un colloquio chiarificatore; ma l'udienza non gli fu concessa mai. La corte di Ravenna gli oppose un'indifferenza che oggi sembra inspiegabile, ma fu ispirata da una serie di episodi che sul momento parvero importanti: l'insperato invio di rinforzi da Costantinopoli, un successo riportato sulle Alpi da mercenari unni contro Ataulfo, il cognato di Alarico che dalla Pannonia si affrettava a raggiungerlo; l'arrivo di rimesse in oro e di navi cariche di grano dall'Africa scaricato nel porto di Classe. In queste incertezze, Alarico raggiunse Roma e dispose i suoi lungo le 21 miglia delle mura recentemente restaurate. L'assedio, anzi due assedi in due distinte tornate, durò due anni e nel frattempo nel 408 d.C. a Costantinopoli era morto l'imperatore d'Oriente Arcadio e governava un consiglio di reggenza per l'erede, un bambino, Teodosio II. Finiva il 408 e iniziava il 409. Trascorsero giorni di cupo terrore, di torpida attesa. Nell'Urbe assediata, non solo il popolino, superstizioso e tradizionalista, ma anche i pagani colti sollecitavano riti ufficiali propiziatori e si presentarono in città gli aruspici etruschi che dicevano di aver liberato Narni dall'assedio, suscitando un uragano. Nel febbraio del 409 Onorio emanò una serie di decreti contro magi e astrologi: ne ordinò l'espulsione dalla città, il rogo dei libri, poichè si rendeva conto che dietro le pratiche magiche si cercava di ripristinare il culto degli dei pagani in forma pubblica e solenne. I romani intanto, per versare il riscatto chiesto da Alarico, offrirono non solo gli ex-voto preziosi che arricchivano i santuari, ma fusero le statue stesse degli dei. Alarico, ottenuto il riscatto, si ritirò in Toscana; da Roma fuggirono migliaia di schiavi barbari e andarono a ingrossare l'armata dei Goti. La notizia dell'assedio intanto si diffondeva nel mondo, suscitando ovunque sbigottimento e costernazione. A Ravenna, caduti gli oltranzisti e attenuata la reazione, erano saliti al potere elementi più moderati, disposti a trattare con i Visigoti, purchè si ritirassero al di là delle Alpi. Ma Onorio, anche se non era alieno dal versare altro oro ai barbari purchè si ritirassero, mai e poi mai avrebbe ceduto loro. Rientrato da Rimini, fallito l'ultimo tentativo di trattare con l'imperatore, Alarico sostò a lungo sugli Appennini, esitante. Dopo essersi ripresentato ancora una volta a Rimini e aver subito un nuovo e più umiliante rifiuto, il re dei Visigoti, l'invasore riluttante, si decise a cingere Roma d'assedio per la terza volta. In questo tormentato contesto di scorrerie e razzie, lungo la strada percorsa dalle orde dei barbari cadde Ostra antica, bruciata e distrutta, prima che cadesse anche Roma. Di chi la colpa? Se l'imperatore a Ravenna non si fosse intestardito e avesse invece lasciato spazio alla trattativa, forse si sarebbe salvata anche Ostra, oltre a Roma. Così non fu. Cadde prima Ostra e l'anno dopo anche Roma. La storia insegna. Chi troppo vuole, nulla stringe. Mai. Ieri, oggi, domani e sempre.

Alberto Fiorani